Mentre in Parlamento si discute del provvedimento concernente “disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” che introduce, tra l’altro il cosiddetto “codice rosso” per la trattazione urgente, da parte dell’Autorità Giudiziaria, dei casi di violenza, facciamo un breve punto sul fenomeno del c.d. “ revenge porn ” sul quale sembra essere stato raggiunto un accordo tra le forze politiche.
Il revenge porn, talvolta indicato come “vendetta porno”, è una pratica, purtroppo molto diffusa nella rete, che consiste nella pubblicazione, ovvero nella minaccia di pubblicazione, anche a scopo di estorsione, di fotografie o video che mostrano persone impegnate in attività sessuali o in pose sessualmente esplicite.
Molte le circostanze in cui il fenomeno si verifica, spesso in occasione della chiusura di una relazione e dunque per vendetta di ex coniugi, compagni/e o fidanzati/e.
Una delle vicende più note è quella di Tiziana Cantone, che si è tolta la vita il 13 settembre 2016, dopo che un suo video hard era diventato virale in rete, e dopo che inutilmente si era rivolta alla Magistratura chiedendone la rimozione dai siti e motori di ricerca.
Più di recente, nel marzo del 2019, è stata vittima una deputata, l’onorevole Giulia Sarti.
L’ordinamento italiano, nella configurazione attuale, riconduce una possibile tutela rispetto a tale pratica nei reati di diffamazione, di estorsione ovvero di illecito trattamento dei dati: in tutti e tre i casi, le fattispecie esistenti non sembrano cogliere in pieno la gravità e la peculiarità del fenomeno.
Allo stato, esistono in Senato due proposte di legge: una d’iniziativa di maggioranza (S.1076) e una d’inziziativa dell’opposizione (S.1134).
Sinteticamente, entrambi i progetti prevedono l’introduzione di un nuovo articolo nel codice penale, il 612-ter, con una serie di ipotesi di reato che nella versione base prevede, come condizione di procedibilità, la querela della parte offesa (entro sei mesi in luogo dei tre ordinari) e la procedibilità d’ufficio per le ipotesi più gravi.
Numerose e articolate sono le previsioni di aggravanti.
Il DDL S.1076 introduce anche misure e obblighi in capo ai gestori dei servizi internet e social, con procedure e rimedi specifici per consentire la rimozione dei contenuti.
Infine, sempre il DDL S.1076, prevede l’emanazione di linee guida, da parte del Ministero dell’istruzione, per la prevenzione del fenomeno nelle scuole.
2 aprile 2019