Il Consiglio di Stato, con la sentenza scaricabile, ha respinto il ricorso di Facebook contro la sentenza del Tar del Lazio che ha parzialmente accolto il ricorso avverso il provvedimento dell’Antitrust contro le pratiche ingannevoli del social network .
Nel 2018 l’Antitrust aveva sanzionato, per violazioni del Codice del Consumo, Facebook Ireland Ltd. e la sua controllante Facebook Inc. per complessivi 10 milioni di euro, poi ridotti a 5 dal Tar, in accoglimento parziale del ricorso.
La pratica contestata dall’Antitrust e confermata dal giudice amministrativo è l’attività ingannevole.
La promessa della gratuità pubblicizzata da Facebook secondo cui l’utilizzo “è gratuito e lo sarà per sempre” è stata eliminata (il servizio viene pagato con i nostri dati).
Facebook non ha ancora riconosciuto che i dati degli utenti sono usati a scopi di profilazione pubblicitaria.
Secondo l’Antitrust: “Facebook, in violazione degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, induce ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi nella piattaforma Facebook, non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità; in tal modo, gli utenti consumatori hanno assunto una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (registrazione al social network e permanenza nel medesimo). Le informazioni fornite risultano, infatti, generiche e incomplete senza adeguatamente distinguere tra l’utilizzo dei dati necessario per la personalizzazione del servizio (con l’obiettivo di facilitare la socializzazione con altri utenti “consumatori”) e l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate”.
Per l’Antitrust, inoltre: “Facebook, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, attua una pratica aggressiva in quanto esercita un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori registrati, i quali subiscono, senza espresso e preventivo consenso – quindi in modo inconsapevole e automatico- la trasmissione dei propri dati da Facebook a siti web/app di terzi, e viceversa, per finalità commerciali. L’indebito condizionamento deriva dall’applicazione di un meccanismo di preselezione del più ampio consenso alla condivisione di dati. La decisione dell’utente di limitare il proprio consenso comporta, infatti, la prospettazione di rilevanti limitazioni alla fruibilità del social network e dei siti web/app di terzi; ciò condizionagli utenti a mantenere la scelta pre-impostata da Facebook”.
La contestazione di questa pratica aggressiva è stata, invece, respinta dal Tar.
L’argomento sarà approfondito dal Comitato Scientifico e trattato in uno dei prossimi eventi.
1 aprile 2021