L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha affermato il principio secondo cui il lavoratore ha diritto di accedere alla relazione investigativa su cui si fondano le contestazioni mosse nei suoi confronti .
in sintesi, è emerso che una Società ha inviato a un dipendente una contestazione disciplinare contenente, tra l’altro, puntuali riferimenti ad attività diverse dall’effettuazione dell’attività lavorativa, svolte dall’interessato dopo aver attestato la presenza in servizio mediante timbratura.
I riferimenti specifici alle attività svolte, contenuti nella contestazione disciplinare, sono stati tratti dalla relazione investigativa, redatta da un’agenzia investigativa e commissionata dalla società.
Nel corso degli accertamenti del Garante, all’uopo attivato dal lavoratore con reclamo, è emerso che l’esistenza e il contenuto della relazione investigativa sono stati conosciuti dal reclamante (che ne ha acquisito anche copia) solo in occasione della costituzione della Società nel giudizio di impugnazione del licenziamento proposto dal reclamante stesso davanti alla competente autorità giudiziaria.
Tale comportamento non è legittimo atteso che, secondo l’Autorità, la Società, riscontrando le istanze del reclamante, avrebbe dovuto fornire tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, considerato che la stessa contiene anche categorie di dati relative al reclamante (fotografie, una rilevazione Gps, descrizioni di luoghi, persone e situazioni) che non sono state trasferite nella contestazione disciplinare.
Inoltre, l’art. 15 del GDPR prevede che qualora i dati non siano raccolti direttamente presso l’interessato (come nel caso di specie) il titolare del trattamento debba indicare la loro origine.
Anche tale informazione non è stata fornita in sede di riscontro all’istanza di accesso.
Per maggiori approfondimenti si rinvia al provvedimento al seguente link.
12 settembre 2023